suino maiale salsiccia macelleria d andrea

Ci sono delle differenze sostanziali tra la salsiccia e la luganega? Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono questi due pezzi di carne? Anzitutto, basta assaggiarle per rendersi subito conto che non hanno lo stesso sapore. Ma non è l’unica reale e concreta differenza tra le due.

Possono presentare, per esempio, una forma molto diversa. Inoltre, la luganega appartiene a un territorio ben preciso dell’Italia e, di solito, è nota persino con il termine di “luganica”. Questo insaccato freschissimo, lungo e stretto, viene di solito arrotolato in una sorta di chioccola. È spesso accompagnato dalle grigliate primaverili o estive.

Infine, il territorio dell’Italia in cui è più utilizzata la luganega è il Nord. Si presume che derivi dall’epoca romana, ma vi parleremo dopo di questo aspetto. Oggi, una delle più famose e apprezzate dai buongustai sono le luganeghe monzesi.

Che cosa hanno di tanto speciale e particolare? Sono preparate seguendo una ricetta ben precisa, con ingredienti molto insoliti: la carne di suino, il grana, il brodo di carne e il marsala. Per quanto, nei tempi passati, la luganega fosse preparata con gli avanzi e gli scarti della carne, oggi non è così. È uno degli insaccati più ricercati nelle macellerie.

Ora, invece, andiamo ad approfondire il discorso sulla salsiccia, soffermandoci sulle differenze.

Le caratteristiche della salsiccia: quali sono?

La salsiccia è, invece, diffusa in ogni regione d’Italia. E, inoltre, la ricetta di preparazione, come nel caso della luganega di Monza, può variare per città e per paese. Per esempio, al Sud Italia, la salsiccia si presenta anche nella sua forma “cunzata”, con formaggio, prezzemolo e pomodoro.

In Emilia Romagna, la salsiccia viene preparata con aglio, lambrusco, sale, pepe e diverse spezie. Ogni regione, dunque, ci mette il proprio ingrediente chiave, dando vita a salsicce diverse per dimensione, forma e sapore.

C’è un metodo di cottura indicato su come cucinarle? La risposta è sì, anche se ogni salsiccia e luganega si prestano bene in particolar modo se vengono preparate alla griglia. Tuttavia, non è il solo metodo di cottura! Possiamo anche rosolarle in padella, per fare sprigionare i loro aromi.

Tendenzialmente, la salsiccia può essere messa in forno, condita con il vino e altri ingredienti, come verdure o patate. La luganega, invece, trova il suo metodo di cottura perfetto in umido. Al Nord Italia, la luganega è spesso accompagnata in umido con il risotto.

Come potete vedere, dunque, la principale differenza tra le due è che la luganega, anzitutto, non è considerata una salsiccia dalla maggior parte delle persone. Infatti, è un insaccato. La “Lucanica” (ovvero originaria della Lucana) è stata documentata sin dai tempi degli antichi romani, grazie allo storico Marco Terenzio Varrone. Tra gli altri modi, oltre alla classica monzese, è famosa la forma allungata a ferro di cavallo condita con ingredienti tipicamente poveri. Citiamo tra questi il sale, il peperoncino, il pepe, l’anice e il finocchietto selvatico.

Per quanto riguarda la salsiccia, invece, ogni regione ha la propria: il piatto che nel passato era definito come “povero”, oggi è uno dei più diffusi e amati.

La carne rossa è una delle pietanze più apprezzate dagli italiani, uno dei secondi piatti per eccellenza della nostra tradizione culinaria. Declinata in diversi modi, essa in tutte le sue sfaccettature richiede però universalmente un accompagnamento d’eccezione, ovvero un buon vino. Ma quale abbinare? Una domanda la cui risposta non può essere univoca, perché storicamente il nostro territorio propone tantissimi vini. La premessa è che quelli maggiormente consigliati sono i rossi, ma anche alcuni bianchi possono essere delle valide scelte.

Quel che è certo è che l’abbinamento del vino è importante tanto quanto la scelta della carne in sè: esso deve metterla in risalto e non coprirne il sapore. Ma andiamo con ordine: quali sono le caratteristiche che deve avere un buon vino in abbinamento alla carne rossa? La prima peculiarità è senza dubbio la corposità. Prendiamo ad esempio una carne rossa magra, come può essere l’arista di maiale cotta in forno: in questo caso meglio propendere per un vino raffinato e morbido come il Merlot o un Lambrusco di Modena.  Se invece optiamo per una carne rossa più grassa (salsicce e bistecche ad esempio) meglio abbinare al piatto un vino rosso più strutturato volto a contrastare il sapore accentuato della carne. Particolarmente indicati in tal senso sono: Brunello di Montalcino e Nero D’Avola.

Il tipo di cottura della carne è importante per la scelta del vino, che a seconda dovrà essere più giovane o più datato. Nel caso di una carne poco cotta o cruda (carni al sangue), è bene che il vino sia giovane e non per forza rosso. I vini bianchi con questo tipo di carne si sposano davvero molto bene: l’Arneis piemontese e il Tocai veneto sono certamente due dei vini maggiormente indicati. Nel caso invece di carni molto cotte, come lo è il brasato, è meglio scegliere un vino più datato (Chianti, celebre vino toscano, ma anche l’Amarone veronese).

Se la cena non la state preparando in casa ma avete deciso di andare al ristorante, potete tranquillamente chiedere consiglio al personale, che sicuramente saprà indicarvi i migliori vini da abbinare a quel particolare tipo di carne. Si tratta di una scelta non banale, sicuramente non semplice: come avete potuto constatare, scegliere un buon vino in abbinamento alla carne è fondamentale per gustare al meglio il piatto.

Ottimo, ora dovreste essere pronti per preparare un piatto succulento e allo stesso tempo accompagnarlo con un vino all’altezza della situazione. Mi raccomando: non lesinate sul prezzo della bottiglia. Meglio concedersi un lusso ogni tanto per bere (e mangiare) davvero bene.

Quando si parla di salumi spesso ci si chiede: fanno male? Dobbiamo evitare di mangiarli? Sono interrogativi leciti, ma la risposta è molto semplice: no, i salumi non fanno male. Certo, dipende anche dal prodotto che mangiamo innanzitutto: se è un salume di scarsa qualità, allora potremmo avere problemi, altrimenti no. E poi è importante anche l’uso che ne si fa, nel senso che non deve diventare un abuso!

I salumi fanno parte della nostra tradizione gastronomica da secoli: sono un alimento che piace a milioni di italiani, e quindi sarebbe insensato dire che fanno male e basta. Bisogna sempre relativizzare, anche e soprattutto quando si parla di salumi: inutile e anche fuorviante fare discorsi troppo generalisti, perché sono a tutti gli effetti dei prodotti assolutamente importanti all’interno della nostra dieta. Essi infatti contengono nutrienti fondamentali, così come tutti gli alimenti a base di carne. Eliminarli non ha alcun senso: basta consumarli nelle modalità e nelle quantità corrette.

E’ bene dunque sfatare alcuni miti negativi per quanto riguarda il consumo di salumi. Partiamo dal colesterolo: è vero che ne contengono molto? No, se ad esempio paragoniamo il prosciutto crudo ai gamberi, oppure la coppa alla carne di tacchino (con pelle). E non è nemmeno vero che i salumi fanno ingrassare tout court: tutti gli alimenti, se consumati con porzioni troppo abbondanti, fanno mettere su chili. Ma ad esempio una porzione di stracchino o una brioche salata hanno più calorie di una porzione di mortadella o di prosciutto crudo.

E per quanto riguarda vitamine e minerali? I salumi posseggono la vitamina B12, e chi non ne assume deve prendere integratori per evitarne una carenza, e lo zinco, che deve essere assunto quotidianamente. E per quanto riguarda i grassi saturi? Il lardo ne contiene sicuramente una maggiore dose, ma salame, prosciutto cotto e crudo ne contengono meno di formaggi e cioccolato al latte. Altre credenze la cui portata è sicuramente da limitare: le proteine dei salumi non sono nutrizionalmente valide (cosa non vera, dal momento che l’indice chimico dei salumi è alto ed è paragonabile a quello di altri tipi di carne) e i salumi contengono molti additivi e conservanti.

Infine, si sente dire spesso che i salumi non possono essere consumati da tutti. Si tratta di un’affermazione troppo generale, e al contrario si può dire che i salumi possono essere consumati da tutti. La verità è che entrano in gioco molti fattori, che vanno da caso a caso, ma una cosa è sicura: i salumi possono entrare a far parte di tutte le diete, anche di quelle delle persone che soffrono di pressione alta e devono limitare il consumo di sale. Basta che non esagerino con le porzioni, e che i prodotti scelti siano di qualità.

Un secondo piatto che non stancherà mai e sarà sempre presente nelle tavole degli italiani: stiamo parlando dello spezzatino, una ricetta che per riuscire bene ha bisogno di una serie di accorgimenti. Si, perchè la preparazione è tutto sommato semplice, ma il risultato spesso non è quello che ci si aspetta. Come mai? In primo luogo perchè forse non hai scelto le carni giuste: infatti per un buon spezzatino l’ideale sono i tagli minori. In particolare pancia, cappello del prete, spalla, punta di petto, coppa di maiale e reale: essi hanno caratteristiche che si sposano bene con una cottura lenta e prolungata, che è proprio quella che ci vuole per uno spezzatino tenero e succulento.

Quindi mi raccomando: no tagli eccessivamente magri e grassi (quelli elencati sopra sono i più indicati), no alte temperature in cottura e quindi no a cotture veloci: lo spezzatino richiede innanzitutto tempo, e come abbiamo detto ovviamente la carne giusta. Ma non è tutto: c’è un piccolo segreto anche nella preparazione. Si tratta del soffritto: questo non va cotto poco prima della carne o insieme, ma anche per esso c’è bisogno di una cottura lenta a parte. Infatti le verdure non vanno rosolate, ma stufate e cotte a fuoco basso, bagnate se necessario con acqua o brodo affinchè diventino morbide (per far si che venga fuori l’effetto crema).

Solo quando la carne e le verdure cotte separatamente saranno pronte, allora si che potranno essere unite. Il tutto dovrà essere cotto per circa due ore. Per rendere ancora più morbido il vostro spezzatino è bene dare maggiore densità al sughetto: per farlo basta aggiungere un po’ di farina (non esagerate perchè potreste rovinare il piatto).  La farina può essere utilizzata in due modi: o spolverizzata sullo spezzatino prima che esso venga cotto, ed eliminando quella in eccesso e che potrebbe essere bruciata durante la rosolatura, oppure aggiungerla nel momento in cui si mescolano carne e soffritto (e questa ci sembra la soluzione migliore). In entrambi i casi è fondamentale non esagerare con le dosi e setacciate bene la farina in modo tale da evitare grumi.

Potete anche optare per un sugo al pomodoro, e in questo caso non servirà altro che aggiungerne un po’ di più per rendere il piatto ancora più cremoso. E’ bene abbondare, perchè la parte sugosa è quella che fa diventare lo spezzatino ancora più morbido.

Riassumendo: per far si che il vostro spezzatino rimanga morbido e gustoso è necessario scegliere in primis la carne giusta, cuocere a fuoco lento per il tempo giusto (non bisogna avere fretta) e la parte sugosa deve essere generosa in modo tale che la carne la assorba per bene. Il resto sta anche a voi e alla vostra fantasia!

Avete mai assaggiato lo speck cotto? Partiamo con questa domanda perchè per esperienza sappiamo bene che si tratta di un prodotto non conosciutissimo dai più, perciò in prima analisi vi diamo alcune info di base su questo delizioso affettato. E’ un salume sicuramente di nicchia, consumato soprattutto dagli altoatesini: per loro è un po’ come il nostro prosciutto cotto.

La lavorazione dello speck cotto è curata magistralmente dai maestri salumieri di Bolzano e provincia, che disossano a mano le cosce, poi le salano con una pregiata concia locale per poi venire massaggiate in maniera delicata. Fatto questo si procede con la cottura, che deve essere lenta e al vapore, mentre successivamente si passa all’affumicatura naturale con legni di faggio (che peraltro sono ottimi per aumentare la conservabilità del prodotto).

Detto questo, possiamo passare a qualche consiglio culinario. Abbiamo selezionato per voi alcune tra le migliori ricette con lo speck cotto. Partiamo dagli antipasti, dove ovviamente può essere il salume protagonista all’interno del classico tagliere di salumi. Tuttavia lo speck cotto può essere utilizzato anche in abbinamenti più arditi e originali: è davvero delizioso se accostato a qualche fetta sottile d’ananas, ma anche in compagnia di un’ottima composta di cipolle.

E per quanto riguarda invece i primi piatti? Lo speck cotto va letteralmente a nozze tagliato a dadini nelle penne altaleggio, ma non solo: è buonissimo anche intipedito insieme a delle verdure grigliate. Quest’ultimo risulta essere un piatto sicuramente più leggero, ma al tempo stesso stuzzicante. E’ un salume versatile, che può essere abbinato anche con le patate (cotte in ogni tipologia: arrosto, lessate, purè o tortino).

E per quanto riguarda il bere? Lo speck cotto può essere accompagnato sia con vini dalla persistenza intensa e aromatica (Lagrein o Gewurztraminer) che con birre (consigliamo una selezione artigianale di media corposità).

Nel precedente focus abbiamo visto cos’è la luganega, la sua storia e come viene preparata nelle varie regioni d’Italia. Oggi invece andiamo alla scoperta delle migliori ricette che possano essere realizzate con ingrediente principale questo insaccato di origini lucane (anche se c’è una disputa in merito, visto che i lombardi si attribuiscono l’invenzione di questa particolare salsiccia).

Per voi abbiamo dunque selezionato tre piatti che risultano essere davvero stuzzicanti e dagli abbinamenti perfetti. Eccoli di seguito.

Risotto alla monzese

Uno dei grandi classici della cucina lombarda questo risotto, che appunto utilizza come ingrediente protagonista la Luganega di Monza. Andiamo ad elencare innanzitutto gli ingredienti di questo piatto:

  • 320 gr di riso
  • 50 gr di burro
  • 1 cipollina
  • 700 ml di ottimo brodo
  • 1 bicchiere scarso di ottimo vino rosso
  • 200 gr di Luganega di Monza

Ottimo, se vi siete procurati tutto potete iniziare con la preparazione. In primis dovete affettare e rosolare la cipollina nel burro, rosolarvi il riso e aggiungere il vino facendolo sfumare. Successivamente aggiungete il brodo a mestoli, uno per volta man mano che il precedente viene assorbito. La luganega va cotta a parte (non prima di essere stata spellata): va bollita un minuto in acqua e poi cotta per cinque in padella, bagnata di vino rosso e lasciata per dieci minuti coperta sul fuoco spento (così farà il sugo).

Una volta cotta, la luganega andrà tagliata. Mettetene un pezzo al centro di ogni piatto con un po’ di sugo e schiacciando il risotto con un cucchiaio così da creare un piccolo incavolo. Et voilà, il piatto può essere servito.

Involtini con luganega monzese

Altra ricetta monzese, che prevede l’utilizzo di questi ingredienti:

  • 8 fette di lonza di maiale piuttosto grandi
  • 8/10 foglie di spinacio
  • 8 fette sottili di speck
  • 800 gr di luganega di Monza
  • Semi di sesamo per la panatura
  • Stuzzicadenti

Molto bene, se avete tutto a disposizione potete iniziare con la preparazione del piatto. Per prima cosa vanno scottate le foglie di spinacio in acqua bollente salata (bastano pochi secondi): ognuna deve poi essere stesa sopra ogni fetta di carne. Stessa cosa per lo speck. Ora arriviamo alla luganega: essa deve essere tagliata a pezzi abbastanza lunghi, e posizionata al centro di ogni fetta. La carne va arrotolata attorno alla luganega e l’esterno fermato con uno stuzzicadenti.

Ora prendete un piatto grande e sul fondo riponete dei semi di sesamo su cui rigirare gli involtini. La superficie deve essere totalmente ricoperta. Fate rosolare gli involtini in una padella antiaderente per cinque minuti per lato, poi toglieteli dal fuoco e adagiateli in una pirofila di plexi. Ottimo, adesso potete infornare nel forno già caldo (consigliamo 160 gradi) e fate cuocere per mezz’ora. Dopodichè potrete servire i vostri involtini caldi su un letto di insalata verde.

Salsiccia luganega alle patate

L’abbinamento salsiccia luganega e patate è uno dei migliori. Ecco ciò che vi serve:

  • 300 gr di salsiccia “Luganega” a pezzetti
  • 400 gr di patate tagliate a tocchetti
  • 2 spicchi di aglio pelati e tagliati a fettine
  • 2 ramettini di rosmarino
  • 2 ramettini di mirto
  • noce moscata
  • sale e pepe
  • 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

Ora passiamo al procedimento di preparazione: per prima cosa mettere sul fuoco una casseruola con dell’olio extravergione d’oliva e aglio. Lasciate orare leggermente e poi aggiungete le patate tagliate a pezzetti, lasciandole insaporire per un paio di minuti. A questo punto aggiungete un po’ di noce moscata, pepe, sale e rosmarino.

Una volta che avete mescolato tutto per bene, versate una tazzina d’acqua e lasciate cuocere per un quarto d’ora a fuoco lento e pentola coperta. Adesso potete unire la salsiccia luganega tagliata a pezzetti, e continuate la cottura a fiamma basse sempre per un quqarto d’ora. Passato il tempo e cotto tutto, potete spegnere il fuoco e impiattare.

La luganega è una salsiccia in budello naturale, la cui provenienza originaria è ancora dibattuta: infatti il suo nome tradizionale se lo contendono storicamente Lombardia, Veneto e altre regioni padano-alpine. Prendendo come riferimento la luganega lombarda, essa viene realizzata utilizzando carne di suino macinata fresca e insaporita con lardo, sale, pepe, aglio e altre spezie (ogni zona ha le sue varianti).

La luganega più famosa della zona lombarda è sicuramente quella di Monza, ingrediente fondamentale del tipico risotto, di cui vedremo in un altro post la ricetta integrale. Una volta insaccata, la luganega viene fatta stagionare tra i 40 giorni e i quattro mesi. In alcune zone d’Italia (come in Trentino ad esempio), la luganega viene fatta affumicare. Sempre in quella regione per farla viene utilizzata la parte della carne del collo del maiale, che è notoriamente ricca di sangue. Ciò dà alla salsiccia un colore ancora più intenso.

Fatta questa doverosa premessa per quanto concerne l’origine e la preparazione della luganega, ora forse vi state chiedendo: ma qual è la differenza tra questa e la salsiccia normale? La risposta è da cercare nelle zone di provenienza dei due insaccati e nella forma. La luganega infatti è un insaccato fresco lungo, stretto e arrotolato “a chiocciola”, e come abbiamo visto è particolarmente diffusa nel Nord Italia (nonostante si pensi che l’origine sia appunto lucana e di epoca romana). La salsiccia, quella classica, è diffusa ovunque nel nostro paese e ha un sapore meno speziato e intenso, e a differenza della luganega può essere mangiata anche cruda.

Come va preparata dunque la luganega? Intanto, come abbiamo detto, deve essere cotta in primo luogo, alla brace o in padella. Può essere accompagnata da patate, verza o altri contorni. Ottima anche per l’abbinamento con cipolle e sfumato col fino, ed è particolarmente indicata anche in piatti più elaborati così da insaporire paste, rustici, risotti e frittate.

cesti macelleria d andrea

Quando si ritorna dalle vacanze estive il tempo inizia a scorrere ancor più veloce (almeno questa è la nostra sensazione) e non si fa in tempo a dare il benvenuto all’Autunno che già ci ritroviamo a festeggiare il Natale. E la domanda che si pongono milioni di italiani è sempre la stessa: che cosa regalare?

Una risposta universale non esiste, tuttavia una cosa ci sentiamo di dire: viva l’originalità! E poi è il pensiero che conta. Fatte queste doverose premesse, ovviamente bisogna tenere conto di chi è il destinatario del regalo: famiglia, colleghi, amici, vicini, insomma ce n’è di tutti i tipi e con nessuno si vuole fare brutta figura.

Detto ciò, se hai intenzione di fare un regalo un po’ “diverso”, i prodotti del nostro territorio ti possono venire in aiuto: per non ripetersi e rischiare di risultare banali, questo Natale il regalo giusto potrebbe essere… un bel cesto di salumi! Si, hai capito bene: se il tuo caro a cui vuoi fare un regalo è particolarmente ghiotto di salumi, allora puoi decidere di regalargli una selezione dei migliori prodotti dai maestri del nostro Paese.

Buttarsi sul cibo di qualità è quasi sempre una garanzia: difficilmente potrai sbagliare! Un cestino natalizio con salumi pregiati sarà un regalo sicuramente ben accetto, e siamo pronti a scommettere che strapperà anche un sorriso sincero a chi lo riceverà. In tal senso è importante anche il confezionamento: meglio optare per un cestino creativo, magari fatto con le tue mani! Insomma: il packaging deve essere impeccabile e soprattutto deve essere ben visibile dall’esterno quali sono i regali al suo interno.

Si, perché quando si parla di cibo gli occhi vogliono la loro parte, e “nasconderlo” all’interno della confezione non ha senso. Il dono insomma deve essere ambasciatore della qualità e tradizione del territorio in cui il salume è stato prodotto. Meglio optare per una grande cesta di vimini con un po’ di pagliuzza che circondi i prodotti, così non urteranno l’uno contro l’altro. Ovviamente deciderai poi tu se abbellire il tutto con coccarde e nastrini.

Quali salumi regalare nel cesto

Ma quali salumi regalare nel tuo cestino di Natale? Questa è una scelta molto soggettiva, ma ci sono dei must che non possono proprio mancare: pensiamo alla soppressata calabrese o al lardo di Colonnata, tanto per fare due esempi. Ma nel nostro territorio esistono tantissimi e validissimi prodotti, tutti “papabili” per il tuo cestino. La scelta dipenderà molto anche dai gusti di chi riceverà il regalo: si tratta di un aspetto fondamentale, non sottovalutarlo! Ovviamente se il destinatario non ama il piccante, meglio non mettere la soppressata e virare ad esempio su dello speck.

In conclusione, pensiamo di averti offerto una panoramica per un regalo semplice ma molto originale, cosa ne pensi?

coppa capocollo salume macelleria d andrea

La coppa è un insaccato lavorato e prodotto in Italia, con varie interpretazioni a seconda della Regione di riferimento. Viene ottenuto dalla lavorazione della porzione superiore del collo del maiale e da una parte della spalla: per questo in diverse Regioni viene chiamata anche capocollo, capicollo, ossocollo, in altre ancora finocchiata, lonza o lonzino.

Per realizzare la coppa, le carni vengono prima salate e massaggiate, perché in questo modo il sale si distribuisce uniformemente, e poi vengono insaccate all’interno di un budello. Vengono aggiunte spezie ed erbe aromatiche per insaporire il tutto, a seconda della località dove viene prodotta la coppa. Fatto questo, può iniziare il periodo di stagionatura.

Sono molte le Regioni dove essa viene prodotta, ma ci sentiamo di consigliarvi in particolare la Basilicata, una delle zone dove la coppa è tra le più rinomate d’Italia.

Fa bene o male?

Ma si tratta di un salume che fa bene o fa male? Una domanda che non può avere una risposta univoca, o meglio: dipende. Dipende dal prodotto che si sceglie! I salumi non fanno male, se mangiati con moderazione, e questo vale anche durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento. Quindi sfatiamo pure il falso-mito che i salumi in generale non fanno bene. E la coppa rientra pienamente nel discorso.

Valori nutrizionali

Insomma, eliminare dalla nostra alimentazione prodotti così buoni e vari sia dal punto di vista energetico che di gusto, sarebbe un vero peccato. E’ leggera (circa 400 Kcal per 100 grammi di prodotto, 29 grammi di proteine e 31 di grassi) e tutta una serie di proprietà bioattive e antiossidanti, come ad esempio la carnosina. Sono però ottimi per l’equilibrio della nostra dieta, e come per ogni altra cosa quello che non va bene è il loro abuso. E’ quindi fondamentale consumare i salumi e la coppa in maniera corretta (porzione consigliata di 50 grammi).

Perché scegliere solo salumi di qualità

Come dicevamo, è davvero importante quale prodotto stai consumando: mai consumare salumi di bassa qualità, questo non potrà che arrecarti danni a livello di salute. Le sua caratteristiche sono nocive per il nostro corpo, e bisogna partire da lontano (metodi di allevamento dell’animale, fino ad arrivare a quelli di lavorazione e conservazione). Quindi occhio alla provenienza e all’etichetta delle cose che si mangiano!

In conclusione, i salumi sono un patrimonio indissolubile della tradizione gastronomica italiana. Vanno salvaguardati e va incentivato un giusto consumo, perché privarsi del loro sapore delizioso e così vario sarebbe davvero un’ingiustizia. E la coppa ne fa pienamente parte.

La pancetta è uno dei salumi più amati dagli italiani: ricavata appunto dalla parte della pancia del maiale, ha un aspetto tipicamente grasso con sottili strati di carne. La preparazione della pancetta dolce è una tradizione che nel nostro territorio si tramanda da secoli: come dicevamo, si prende la pancia del maiale, le parti vengono poi squadrate e rifilate e si decide in un secondo momento se tenere o meno la cotenna.

Successivamente avviene la rifilatura: le rifilature delle pancette sono utilizzate per la parte grassa dei salami (i cosiddetti lardelli), oppure per ricavarne i ciccioli. Una volta fatta quella, è necessario passare alla salagione: le pancetta vengono cosparse di sale e fatte riposare per alcuni giorni. In diverse regioni italiane insieme al sale vengono anche utilizzati altri aromi, come pepe nero, chiodi di garofano e altre spezie.

Da questo processo si ricava un insaccato dalla forma diversa a seconda del territorio di riferimento: può essere arrotolata come un grosso salame (con o senza cotenna dipende dalla regione di produzione), steccata con cotenna oppure stesa con cotenna. Una volta che la forma è stata impressa, inizia il vero e proprio momento di stagionatura: può durare 50-60 giorni per quanto riguarda la pancetta stesa, mentre 90-120 per le pezzature più grosse.

Dove si mangia la buona pancetta

Sono dodici le Regioni italiane che possono vantare pancette di maiale inserite nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali. Eccole:

  • Basilicata
  • Calabria
  • Campania: Pancetta arrotolata e pancetta tesa
  • Emilia-Romagna: Pancetta canusina, pancetta piacentina
  • Friuli e Venezia Giulia: pancetta arrotolata dolce e affumicata, pancetta arrotolata manicata, pancetta con lonza, pancetta stesa
  • Liguria
  • Lombardia: pancetta con filetto, con pisteum, alla bergamasca, pavese
  • Marche: pancetta arrotolata
  • Piemonte
  • Toscana: pancetta apuana, pancetta e rigatino, pancetta stesa vergazzata
  • Trentino- Alto Adige, pancetta affumicata, panceta ligada all’ai della Val Rendena e pancetta nostrana all’aglio di Caderzone
  • Umbria: Ventresca di maiale
  • Veneto: pancetta col tocco (filetto) del basso vicentino e pancetta con l’ossocollo del basso vicentino

Pancetta, le differenze

La principale distinzione fra le tipologie è quella tra pancetta dolce e pancetta affumicata (detta anche “bacon”, soprattutto nei paesi anglosassoni): la prima ha quel gusto tipicamente grasso, ma al tempo stesso delicato, mentre la seconda è più particolare. La pancetta affumicata infatti è cosparsa di erbe aromatiche e spezie ed esposta per diversi giorni al processo di affumicatura (con legno di faggio, quercia o ginepro). Ha sicuramente un gusto più aromatico rispetto alla pancetta dolce, e si può consumare sia cruda che cotta.

Tuttavia la pancetta, dolce e affumicata, è l’ideale per due ricette in particolare: l’amatriciana e la carbonara. Ma quale va messa in una e quale nell’altra? Risposta secca: la pancetta dolce va nell’amatriciana, quella affumicata nella carbonara. In realtà molti puristi dell’amatriciana vi diranno che nella ricetta non ci va la pancetta, ma il guanciale. A tal proposito lasciatevi guidare dal vostro gusto!