Dalla tradizione antica di produzione di salumi e salsiccia della Lucania oggi Basilicata nasce l’amore per la terra che si tramanda di generazioni in generazioni. L’ azienda agricola D’ Andrea alleva i propri animali in campo aperto secondo la filosofia “free-range” .

Essi pascolano liberi nutrendosi dei cereali ed ortaggi coltivati senza il ricorso a pesticidi.

Potrai gustare direttamente a casa tua i prodotti Macelleria D’Andrea offre Prodotti tipici artigianali che rappresentano a pieno titolo il vero Made in Italy dal seme al prodotto finito.

coppa capocollo salume macelleria d andrea

La coppa è un insaccato lavorato e prodotto in Italia, con varie interpretazioni a seconda della Regione di riferimento. Viene ottenuto dalla lavorazione della porzione superiore del collo del maiale e da una parte della spalla: per questo in diverse Regioni viene chiamata anche capocollo, capicollo, ossocollo, in altre ancora finocchiata, lonza o lonzino.

Per realizzare la coppa, le carni vengono prima salate e massaggiate, perché in questo modo il sale si distribuisce uniformemente, e poi vengono insaccate all’interno di un budello. Vengono aggiunte spezie ed erbe aromatiche per insaporire il tutto, a seconda della località dove viene prodotta la coppa. Fatto questo, può iniziare il periodo di stagionatura.

Sono molte le Regioni dove essa viene prodotta, ma ci sentiamo di consigliarvi in particolare la Basilicata, una delle zone dove la coppa è tra le più rinomate d’Italia.

Fa bene o male?

Ma si tratta di un salume che fa bene o fa male? Una domanda che non può avere una risposta univoca, o meglio: dipende. Dipende dal prodotto che si sceglie! I salumi non fanno male, se mangiati con moderazione, e questo vale anche durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento. Quindi sfatiamo pure il falso-mito che i salumi in generale non fanno bene. E la coppa rientra pienamente nel discorso.

Valori nutrizionali

Insomma, eliminare dalla nostra alimentazione prodotti così buoni e vari sia dal punto di vista energetico che di gusto, sarebbe un vero peccato. E’ leggera (circa 400 Kcal per 100 grammi di prodotto, 29 grammi di proteine e 31 di grassi) e tutta una serie di proprietà bioattive e antiossidanti, come ad esempio la carnosina. Sono però ottimi per l’equilibrio della nostra dieta, e come per ogni altra cosa quello che non va bene è il loro abuso. E’ quindi fondamentale consumare i salumi e la coppa in maniera corretta (porzione consigliata di 50 grammi).

Perché scegliere solo salumi di qualità

Come dicevamo, è davvero importante quale prodotto stai consumando: mai consumare salumi di bassa qualità, questo non potrà che arrecarti danni a livello di salute. Le sua caratteristiche sono nocive per il nostro corpo, e bisogna partire da lontano (metodi di allevamento dell’animale, fino ad arrivare a quelli di lavorazione e conservazione). Quindi occhio alla provenienza e all’etichetta delle cose che si mangiano!

In conclusione, i salumi sono un patrimonio indissolubile della tradizione gastronomica italiana. Vanno salvaguardati e va incentivato un giusto consumo, perché privarsi del loro sapore delizioso e così vario sarebbe davvero un’ingiustizia. E la coppa ne fa pienamente parte.

La pancetta è uno dei salumi più amati dagli italiani: ricavata appunto dalla parte della pancia del maiale, ha un aspetto tipicamente grasso con sottili strati di carne. La preparazione della pancetta dolce è una tradizione che nel nostro territorio si tramanda da secoli: come dicevamo, si prende la pancia del maiale, le parti vengono poi squadrate e rifilate e si decide in un secondo momento se tenere o meno la cotenna.

Successivamente avviene la rifilatura: le rifilature delle pancette sono utilizzate per la parte grassa dei salami (i cosiddetti lardelli), oppure per ricavarne i ciccioli. Una volta fatta quella, è necessario passare alla salagione: le pancetta vengono cosparse di sale e fatte riposare per alcuni giorni. In diverse regioni italiane insieme al sale vengono anche utilizzati altri aromi, come pepe nero, chiodi di garofano e altre spezie.

Da questo processo si ricava un insaccato dalla forma diversa a seconda del territorio di riferimento: può essere arrotolata come un grosso salame (con o senza cotenna dipende dalla regione di produzione), steccata con cotenna oppure stesa con cotenna. Una volta che la forma è stata impressa, inizia il vero e proprio momento di stagionatura: può durare 50-60 giorni per quanto riguarda la pancetta stesa, mentre 90-120 per le pezzature più grosse.

Dove si mangia la buona pancetta

Sono dodici le Regioni italiane che possono vantare pancette di maiale inserite nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali. Eccole:

  • Basilicata
  • Calabria
  • Campania: Pancetta arrotolata e pancetta tesa
  • Emilia-Romagna: Pancetta canusina, pancetta piacentina
  • Friuli e Venezia Giulia: pancetta arrotolata dolce e affumicata, pancetta arrotolata manicata, pancetta con lonza, pancetta stesa
  • Liguria
  • Lombardia: pancetta con filetto, con pisteum, alla bergamasca, pavese
  • Marche: pancetta arrotolata
  • Piemonte
  • Toscana: pancetta apuana, pancetta e rigatino, pancetta stesa vergazzata
  • Trentino- Alto Adige, pancetta affumicata, panceta ligada all’ai della Val Rendena e pancetta nostrana all’aglio di Caderzone
  • Umbria: Ventresca di maiale
  • Veneto: pancetta col tocco (filetto) del basso vicentino e pancetta con l’ossocollo del basso vicentino

Pancetta, le differenze

La principale distinzione fra le tipologie è quella tra pancetta dolce e pancetta affumicata (detta anche “bacon”, soprattutto nei paesi anglosassoni): la prima ha quel gusto tipicamente grasso, ma al tempo stesso delicato, mentre la seconda è più particolare. La pancetta affumicata infatti è cosparsa di erbe aromatiche e spezie ed esposta per diversi giorni al processo di affumicatura (con legno di faggio, quercia o ginepro). Ha sicuramente un gusto più aromatico rispetto alla pancetta dolce, e si può consumare sia cruda che cotta.

Tuttavia la pancetta, dolce e affumicata, è l’ideale per due ricette in particolare: l’amatriciana e la carbonara. Ma quale va messa in una e quale nell’altra? Risposta secca: la pancetta dolce va nell’amatriciana, quella affumicata nella carbonara. In realtà molti puristi dell’amatriciana vi diranno che nella ricetta non ci va la pancetta, ma il guanciale. A tal proposito lasciatevi guidare dal vostro gusto!

soppressata salumi macelleria d andrea

La soppressata lucana, detta anche luganega, è un salume originario della Basilicata, già noto a Marco Terenzio Varrone, che nel suo “De lingua latina” elogiava il suo sapore. Radici dunque molto antiche per un insaccato che nella regione è prodotto da tre secoli, e che in altre zone d’Italia viene anche chiamato soperzata.

Come si prepara

La carne è quella di maiali locali allevati in maniera tradizionale, con alimentazione sana e naturale. Ma andiamo per gradi partendo dal primo stadio, ovvero la macellazione del suino. Una volta eseguita, la carne deve riposare per 24 ore in un locale freddo, poi selezionata.

Sono utilizzate solo le carni più pregiate: cuore delle cosce e parte centrale dei lombi (ovviamente mondate dalle parti nervose) innanzitutto. Una volta che esse vengono cubettate con il coltello, vengono mischiate con una bassa percentuale di lardo, sale, pepe in grani e peperone in polvere.

L’impasto così ottenuto viene poi insaccato in budelli suini naturali: si ottiene così un salume che per un pio di giorni va posto in cesti di vimini. In primis deve essere eseguita una prima asciugatura (35-50 giorni). Fatto questo, le soppressate vanno conservate sott’olio in ambiente fresco. Successivamente abbiamo una pressatura: in questa fase la soppressata deve rimanere per un mese abbondante (dipende dalle condizioni atmosferiche) in ambienti adatti alla stagionatura. A volte può anche andare bene l’affumicatura (che deve comunque essere leggera).

Il prodotto finito deve avere delle precise caratteristiche affinchè sia etichettato come soppressata lucana: lunghezza dei capi di circa 20 cm, sezione irregolare schiacciata, larghezza massima di 6-7 cm, colore rosso con presenza di aree bianche di lardo, consistenza morbida e sapore di carne suina (ci mancherebbe!).

Qual è il miglior periodo per la produzione? Sicuramente i periodi freddi: fine autunno, inizio inverno. Viene prodotta appunto in Lucania, principalmente nelle aree montuose o collinari, e viene utilizzata specialmente carne suina del filetto e della coscia, insieme a cubetti di lardo. Ovviamente i suini utilizzati sono locali. Per la sua preparazione le attrezzature classiche sono il tritacarne azionato manualmente, spago, aghi e pertiche in legno.

Soppressata lucana: migliori ricette

La soppressata lucana può essere gustata innanzitutto al naturale: ha un sapore così gustoso e intenso che non ha bisogno di molti altri ingredienti accompagnatori. Tuttavia, per chi vuole assaporarla con qualche altra pietanza sfiziosa, va benissimo del pane casareccio, insalate, sottaceti, crema di fave e lenticchie in umido.

carne

Quando parliamo di carne dobbiamo premettere in primo luogo che essa fa bene ed è cosa buona e giusta farla rientrare in una dieta equilibrata e varia. Detto questo, esistono ovviamente diverse tipologie di carni e soprattutto di tagli. Le carni bianche, rispetto a quelle rosse, in generale vanno preferite in ottica di un’alimentazione sana.

Ma la domanda che in molti si fanno è: quali sono i tagli della carne più magri? Quali sono quelle parti più indicate per la nostra dieta? Pollo, coniglio, tacchino, agnello, vitello, maiale (quest’ultimo meno consigliato): sono tutte carni ottime per la nostra alimentazione, viste le qualità nutrizionali presenti in ciascuna.

I tagli magri di carne contribuiscono ad includere nella dieta tutti i nutrienti essenziali: proteine, vitamine B6 e B12, selenio e tiamina. E tutto questo senza provocare un aumento dell’apporto di grassi saturi e totali.

I migliori tagli magri

Ma fra i tagli più magri, quali scegliere? Partiamo dal pollo: petto e coscia vanno benissimo, anche se la seconda è più indicata se avete bisogno di ferro. Importante: togliete la pelle, sempre, perchè è davvero troppo grassa e se state seguendo un regime dietetico non va bene.

Parlando invece di coniglio, lombata e filetti sono i tagli da prediligere. Si tratta comunque di una carne talmente magra che va bene in ogni sua parte. Stesso discorso per il tacchino: sebbene non sia una carne particolarmente amata dagli italiani (il consumo di tacchino è sempre molto basso da noi, a differenza che in America), si tratta di un alimento sano e gustoso, ricco di nutrienti. I tagli preferibili sono petto e coscia, tra cui c’è solo una differenza nemmeno così evidente per quanto riguarda la percentuale lipidica. Anche qui però, stesso discorso del pollo: togliere la pelle!

Anche se ritenute dai più carni rosse, agnello e vitello sono carni bianche: il consumo del primo va dosato, perché molto grasso, e limitato al taglio del lombo. Per quanto riguarda il secondo, sono particolarmente indicati filetto, controfiletto e girello. Anche la fesa: è una parte della coscia e fra i tagli più magri e teneri del vitello, ricca di proteine ma leggera e digeribile. E’ un taglio particolarmente indicato per chi segue una dieta ipocalorica, e per chi fa tanto sport. La fesa è ottima per fare bistecche, spezzatino, roast-beef e scaloppine.

Un discorso a parte merita la cottura: bisogna prediligere cotture leggere, che non aggiungano troppi condimenti grassi. E’ un consiglio che vi diamo sia per la vostra dieta sia più in generale per degustare al meglio la carne. Anche se un po’ di verdure ed erbe aromatiche non ci stanno per niente male!

Seguire un regime dietetico e sano non significa rinunciare al piacere di godere della buona tavola.

soppressata salumi macelleria d andrea

La soppressata calabrese è un insaccato DOP (Denominazione Origine Protetta), che viene ottenuto utilizzando carne di maiale lavorata e stagionata. Pur essendo la soppressata diffusa in molte regioni italiane, solo quella proveniente dalla Calabria ha il marchio DOP. Un vero e proprio simbolo della regione, che negli anni ne ha fatto un vero e proprio vanto della sua cultura gastronomica.

La soppressata calabrese

Questo insaccato infatti è uno dei salumi italiani più saporiti. La preparazione avviene con pochi ma semplici ingredienti: parti migliori della carne del maiale, aggiunta di grasso e condimento (pepe nero, peperoncino, finocchio e sale) della carne tagliata a grossi pezzi. Un prodotto certamente non dietetico, ma dall’ottimo sapore, che viene conservato sottovuoto o attraverso l’utilizzo di strutto.

Un salume importante, dal gusto deciso, preparato con dovizia dei dettagli attraverso un procedimento laborioso, che comprende il lavaggio del budello da riempire, l’insaccamento della carne, la stagionatura e l’asciugatura. Ogni zona della Calabria ha una variante riguardo la preparazione (ci sono metodi differenti da Nord a Sud).

Ma quanto può venire a costare la soppressata calabrese al kg? Diciamo che una buona soppressata costerà almeno sui 15 euro al kg. Si tratta di un salume che può essere utilizzato anche per delle sfiziose ricette.

Ricette con la soppressata calabrese

Nelle righe seguenti vi proponiamo un tris di piatti in cui protagonista è proprio la soppressata calabrese.

1) Pasta con la soppressata

Quali ingredienti ci servono per preparare una buona pasta con la soppressata? Intanto una pasta corta (fusilli o farfalle vanno benissimo), una fetta alta di soppressata, della polpa di pomodoro, olio, aglio, peperoncino, basilico fresco tritato e pecorino romano grattugiato. Una volta rosolato l’aglio e il peperoncino, aggiungere la soppressata tagliata a dadini, rosolare ancora un po’. A questo punto si può aggiungere la polpa di pomodoro, aggiungendo un po’ di sale all’occorrenza. Una volta che il sugo si sarà cotto, spegnere il fuoco e aggiungere il basilico fresco. Ora non resta che condire la pasta e aggiungere il pecorino romano. Buon appetito!

2) Risotto con soppressata e cipolla rossa di Tropea

Altra ricetta con protagonista indiscussa la soppressata. In primis bisogna preparare del brodo vegetale (meglio utilizzare patate, sedano e carote, altrimenti utilizzare il dado). Nel frattempo in un tegame rosolare per pochissimo tempo il riso a crudo con olio e cipolla rossa. Deve appena dorarsi. Fatto questo, sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco e portare a cottura con il brodo, aggiungendone a poco a poco quando il riso lo assorbe. La soppressata va aggiunta dieci minuti prima che il riso sia pronto: così il salume si scioglierà. Aggiungere il parmigiano e a fine cottura mantecare il riso con il burro. Pronto per essere servito!

3) Rotolini di zucchine in spiedino

Leggermente meno pesante rispetto alle altre due ricette, anche qui la soppressata svolge un ruolo da protagonista. Si, perché viene tritata nel mixer insieme a mollica rafferma, sottiletta e grana: questo ripieno va disposto su delle fettine di zucchine cotte in forno alla massima temperatura per dieci minuti. Una volta fatta questa operazione, le fettine vanno arrotolate e infilate su quattro spiedini, che vanno infornati per dieci minuti.

La salsiccia è sicuramente uno dei piatti più famosi della tradizione culinaria italiana. Questo per diversi motivi: intanto ovviamente perché, nelle sue varie tipologie e sfaccettature, rimane un insaccato di una bontà unica. Ma non è la sua unica qualità, dal momento che risulta essere davvero molto eclettica: la salsiccia infatti si presta a moltissimi utilizzi e alle più variegate ricette. A volte è talmente buona che si può mangiare anche cruda, semplicemente con una buona pagnotta di pane croccante.

Per inquadrare questa pietanza partiamo dalle sue origini, sia dal punto di vista semantico che da quello pratico.

Salsiccia: origini

Partiamo dall’etimologia del nome “salsiccia”: sembra proprio che derivi dalla crasi tra i termini “salsus” (salato) e “insicia” (carne tagliuzzata finemente). Il dialetto di riferimento è comunque quello toscano, da cui poi si è effettivamente divulgata la parola.

Ma dove veniva utilizzata in origine? Le prime tracce di salsiccia arrivano direttamente dall’Impero romano, con tanto di riferimento letterario da parte di Cicerone in veste di “assaggiatore” ufficiale delle salsicce arrivate grazie alle importazioni in Roma di schiavi di origine lucana, ovvero l’attuale Basilicata. Quella salsiccia si chiamava Lucanica: era ovviamente la salsiccia della Lucania, e Cicerone ne parlava in maniera entusiastica. Anche Marco Terenzio Varrone parla della salsiccia del suo De Re Rustica, intessendone le lodi e descritta come “carne tritata insaccata in un budello”.

Nota bene: l’attuale Luganega, consumata specialmente nel nord Italia, non ha nulla a che vedere con la Lucanica di quel periodo: sono proprio due cose diverse, in quanto la prima è un tipo di salsiccia magra e dolce, mentre la seconda è più piccante e stagionata. Questo ci introduce alle varie distinzioni relativa alle tipologie di salsiccia.

Salsiccia: tipologie

Per fare una rassegna completa della salsicce di tutto lo Stivale, partendo dalla Valle d’Aosta per poi arrivare alla Sicilia, servirebbe pubblicare un’enciclopedia. Qui ci limiteremo a dare alcune linee guida sulle tipologie più famose. Pronti? Partiamo!

1) Luganega: ne parlavamo qualche riga più su, è sicuramente una delle più apprezzate d’Italia. Proviene dalla tradizione culinaria veneta e trentina, ed è composta da carne di suino tenera, pepe nero e aglio in polvere. Tuttavia in commercio ne esistono di varie sottotipologie realizzate con carne di vitello e cavallo. Ne esistono poi di svariate preparazioni.

2) Salamella: è una salsiccia, però un po’ “sui generis”. Si tratta di un insaccato originario della Lombardia. E’ Mantova il “feudo” della salamella, che viene preparata con pancetta e spalle del maiale, e mangiata solo cotta. Il must prima di andare a vedere una partita allo stadio? Panino con la salamella ovviamente!

3) Salsiccia punta di coltello: qui ci spostiamo decisamente verso il Sud Italia, in particolare in Campania, Calabria e Sicilia. Si tratta di un insaccato preparato con il culatello e il pancettone, speziato con finocchio e cumino. Non può essere mangiata cruda, la “morte sua” è la griglia.

4) Salsiccia toscana: è forse la più morbida del lotto, questo perché viene composta utilizzando spalla e coscia del maiale. E’ insaporita con aglio, pepe nero, timo, rosmarino e salvia (ma ogni paese e vallata ci inserisce qualche elemento fantasioso in più).

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Se hai intenzione di preparare un buon bollito, oppure un macinato per una pasta alla genovese doc, allora devi sapere che il taglio reale del bovino è la soluzione migliore. Si tratta appunto di un taglio di seconda categoria, ricco di tessuto connettivo e grasso, e può capitare che venga lasciato unito ad altri.

Non si tratta del sottospalla (a volte potrai trovarlo chiamato così), perché esso è solo un taglio vicino al reale, che invece si trova nel costato del bovino (tra pancia e sottospalla, nella sua parte anteriore). Più nello specifico, questo tipo di taglio è localizzato in quei muscoli, ovvero l’intercostale e il gran dorsale, che ricoprono interamente le prime cinque vertebre dorsali anteriori.

Ma perché il taglio reale viene definito di seconda categoria? Essenzialmente per il fatto che è formato da muscoli abbastanza duri: è quindi un tipo di carne non certo tenerissima, che richiede cotture lente, e a volte non viene nemmeno utilizzato singolarmente (può essere lasciato unito al petto oppure alle costate).

Per quanto riguarda le calorie, esso ha un contenuto di grasso che varia dal 4 al 7 %. Si può dunque definire semi-grasso, dal momento che la sua densità calorica ammonta tra le 120 e le 150 kcal/hg.

Taglio reale del bovino: utilizzo

Torniamo però all’utilizzo di questo tipo di taglio. Come dicevamo prima, è davvero ottimo per il bollito: per realizzare il piatto può essere utilizzato sia con l’osso che disossato. In quest’ultimo caso dovranno essere tolte le costole e con il muscolo principale (il gran dorsale) potrai ricavare una buonissima polpa da bollito.

In alternativa consigliamo la carne macinata, l’ideale – come dicevamo più su – per una stuzzicante pasta alla genovese oppure delle sfiziose polpette da cuocere in padella, al forno o al vapore. Il taglio reale ha poi una forma piatta e quindi può essere particolarmente indicato per la preparazione dello spezzatino, o anche come fetta da farcire. Appare chiaro quindi come sia un taglio naturalmente adatto per le cotture lunghe (bolliti, stracotti e arrosti), meglio se in umido.

Spesso potrai trovare il taglio reale con un altro nome: infatti la definizione di questa parte del bovino varia da regione a regione. Si chiama così a Rovigo, Verona, Parma e Mantova, ma a Milano e Vicenza è detto biancostato. A Bari e Foggia si chiama l’appiccatura, mente per i veneziani è il bongiolo. Corazza è il nome che viene dato a Napoli, a Trento costamozza, a Bologna costata, a Trevisto fracosta e oriada a Vicenza.

E non è finita qui: verso Palermo lo troverai con il nome gabbia (come anche a Reggio Calabria), mentre a Messina è la costa. Scaramella è in genovese, mentre a Firenze è detto restringitura. Infine, a Padova è la scorzadura, mentre a Macerata scadinata.

Insomma, cambiano i nomi ma non la sostanza, che rimane sempre gustosa ed appetibile.

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Hai voglia di un arrosto oppure di una buona Bourguignonne? Bene, allora è il caso di utilizzare un ottimo taglio filetto del bovino, particolarmente indicato per questo tipo di preparazioni. Stiamo parlando di uno dei tagli più pregiati della carne bovina, ovviamente tra i più costosi.

Il motivo? Principalmente per la sua carne tenera, priva di nervi e tessuti connettivi, nonché molto magra. Con il termine “filetto” possiamo riferirci a diversi tipi di carne, dal vitello al manzo, fino anche al pollo e al maiale.

Oggi ci concentreremo sul bovino in generale: il taglio filetto è ricavato da una sezione della parte basse della sua schiena, ovvero la lombata. E’ posizionata subito sopra le cosce: si tratta di una zona mai particolarmente “allenata” dall’animale, e per questo motivo il muscolo risulta molto tenero al consumo.

Come dicevamo, è effettivamente un taglio assai pregiato: ha un alto grado di tenerezza, è molto succoso ed è privo di qualsiasi tipo di tessuto connettivo (al massimo ce n’è in scarsissima presenza).

Taglio filetto del bovino: calorie

Le calorie di manzo e vitello dipendono dai grassi e dalle proteine contenute all’interno della carne. La percentuale di questi nutrienti dipende essenzialmente dal tipo di taglio: il filetto conta 207 kcal per 100g.

Una buona parte di esse deriva dai grassi saturi: proprio per questo motivo, in una dieta equilibrata, il nostro corpo richiede al massimo dalle due alle quattro porzioni di carne alla settimana.

Taglio filetto del bovino: utilizzo

Ci si può davvero sbizzarrire per quanto riguarda la preparazione del filetto. Ovviamente in questo caso è meglio prediligerlo per cotture veloci: infatti la parte anteriore è l’ideale per le bistecche e per una tagliata appena scottata, magari con un po’ di rucola, pomodorini e aceto balsamico.

La parte centrale del filetto invece è molto utilizzata invece per medaglioni e la già citata Bourguignonne. Quest’ultima in Italia è soprattutto diffusa in Piemonte, ma il nostro consiglio è di provarla al di là della regione d’appartenenza. Si tratta in realtà di un piatto di origine svizzera, ma che è cucinata attualmente soprattutto nelle province di Torino e Cuneo.

In Piemonte infatti (storicamente terra di carni pregiate), la Bourguignonne è considerato ormai un piatto locale, anche se è più un riadattamento rispetto alla versione originale. Infatti c’è la presenza di ingredienti che in Svizzera non vengono usati, come l’olio di oliva, la salsiccia e salse come il bagnet verd.

Ovviamente però la portata principale è rappresentata proprio dal filetto, come anche nel caso della bistecca alla fiorentina, ovvero uno dei piatti più conosciuti e apprezzati della cucina toscana (anche se molti utilizzano anche la lombata), e degli arrosti.

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Certe affermazioni per i più esperti e navigati possono sembrare banali e superficiali, ma per i “profani” che si approcciano ad una determinata materia ex novo possono invece risultare utili a capire ed approfondire poi in seguito una determinata tematica.

La cucina è sicuramente uno dei trend topic di questo periodo storico. In realtà nel nostro paese esistono da sempre programmi di cucina, tutorial et similia, ma l’avvento e lo sviluppo dei reality show tematici prima e dei social network poi hanno aumentato ancor di più il fenomeno culinario.

In questo articolo andremo ad analizzare un argomento su cui ci sono ancora troppe incertezze, ovvero la differenza tra guanciale e pancetta: si, perché non si tratta di sinonimi! C’è una distinzione netta da fare, e se hai intenzione di cucinare una carbonara degna di questo nome sappi che non puoi utilizzare una delle due a caso.

Differenza tra guanciale e pancetta

Più in generale con le informazioni contenute nelle righe seguenti saprai come utilizzare questi due ingredienti a seconda del piatto che vuoi preparare. Partiamo dal taglio, perché ovviamente non è lo stesso: la pancetta si ricava dalla pancia del maiale, mentre il guanciale dalla guancia.

Tuttavia quello che davvero rileva nella differenza tra guanciale e pancetta sono le diverse lavorazioni con cui si arriva ad una piuttosto che all’altra. Così cambia gusto e consistenza.

Il guanciale

Partiamo dal guanciale: esso deve stagionare almeno 9 mesi, di modo che diventi ben saporito (anche grazie all’aggiunta di spezie, sale e pepe compresi). E’ con esso che si vede fare la carbonara! (almeno secondo i puristi di questo nobile piatto).

La pancetta

Per quanto riguarda la pancetta, che in primo luogo viene salata e poi messa a stagionare, essa viene poi insaporita con varie spezie (quali vengono usate dipende dalla zona in cui viene lavorata). La pancetta può essere tesa (stagionatura breve di tre settimane), arrotolata (stagionatura più lunga, è un salume a tutti gli effetti) o affumicata (il cosiddetto bacon, ottenuto appunto con l’affumicatura della carne).

Altro aspetto molto importante da non sottovalutare nella differenza tra guanciale e pancetta sono le caratteristiche nutritive, perché tra le altre cose questi due alimenti offrono un apporto calorico e nutritivo diverso. Infatti un etto di guanciale contiene 655 calorie, con un 70% di grassi e 22% di acqua, mentre lo stesso quantitativo di pancetta consta di 450 calorie, di cui il 45% sono grassi e il 40% acqua.

Da chiarire infine anche come utilizzare in cucina queste due tipologie di carni. In questo discorso, un aspetto da non sottovalutare è che la pancetta si trova con più facilità nei supermercati, cosa che la rende ovviamente più acquistabile e quindi utilizzabile. Al di là di questo però è innegabile che il guanciale ha un sapore molto più forte ed è l’ideale per piatti come la carbonara e l’amatriciana.

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salumi salsiccia stagionatura macelleria d andrea

La salsiccia è sicuramente uno dei prodotti più tipici della tradizione culinaria italiana. Declinata in mille varianti a seconda della regione in cui viene prodotta, è un insaccato a base di carne (prevalentemente di maiale) che viene realizzato riempiendo il budello del suino con diverse parti della sua carne, come ad esempio la spalla o la pancetta.

Così come avviene per altri prodotti a base suina, la salsiccia può essere venduta fresca o secca a seconda di come la si lavora. Di base, la salsiccia stagionata si otterrà partendo da una salsiccia fresca alla quale verrà aggiunto più sale, e che sarà lasciata a riposare (o stagionare, per l’appunto) in un luogo idoneo a tale processo.

Il risultato è una specie di salame che può contare sul doppio vantaggio di poter essere consumato sia crudo che cotto.

Partiamo dal consumo a crudo. Innanzitutto, la salsiccia stagionata, con il suo sapore deciso e inconfondibile, fa la sua splendida figura anche in solitaria, e non sono pochi i consumatori che preferiscono mangiarla al naturale, mordendola direttamente dopo averla spellata.

In mezzo a due fette di pane, poi, la salsiccia tagliata a fettine dà il meglio di sé: il pane ne smorza le note più aggressive e ne esalta quelle più delicate, rendendolo un prodotto apprezzabile per tutti i palati. Cruda e tagliata a fette, infine, può essere inserita del classico tagliere di salumi e formaggi, magari insieme a diverse varianti di salsiccia stagionata regionali, salami, coppa e prosciutto.

È un prodotto che si presta bene anche ad essere cotto. Con della salsiccia stagionata e fiori di zucca si può preparare ad esempio un ottimo ciambellone salato. Dopo aver preparato l’impasto per il ciambellone, arricchiamolo con cubetti della nostra salsiccia e i fiori di zucca, facciamo riposare e inforniamo per 40 minuti a 180°. Il risultato sarà un dolce/salato atipico, che richiama ai sapori rustici di un tempo e che sorprenderà piacevolmente anche i palati più fini.

Ed è proprio con i sapori più tradizionali che la salsiccia stagionata si fa apprezzare al meglio, ad esempio come coprotagonista in un piatto di patate stufate. Possiamo preparare le patate come meglio preferiamo, allungandole magari con del brodo e della passata di pomodoro per enfatizzarne i sapori; quando sono quasi pronte (5-10 minuti prima della fine della cottura, in linea di massima), aggiungiamo dei tocchetti di salsiccia stagionata grandi più o meno come i nostri tocchi di patate (2 cm circa). Avremo così realizzato un piatto che rispecchia a pieno la nostra italianità, sostituendo però alla solita salsiccia fresca la sua versione secca.

È un secondo ricco ma semplice, che non sfigura su nessuna tavole e in nessun contesto, e che si apprezza particolarmente se accompagnato da del buon vino rosso, magari a Km0.

In definitiva, che ti piaccia cotta o cruda la salsiccia stagionata è un insaccato dalle potenzialità spesso inespresse; un prodotto che se proposto in armonia con altri ingredienti riesce a stupire per la sua duttilità e per il valore aggiunto che è in grado di dare ad ogni pietanza.

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